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martedì 12 marzo 2013

Intervista al Direttore Voglino

Presente e futuro dell'Istituzione Biblioteche di Roma

Il sistema di biblioteche comunali romane costituisce senz'altro una realtà stabile e ben radicata sul territorio, capace al contempo di rinnovarsi per offrire servizi in grado di soddisfare le mutevoli esigenze dell'utenza.
Con l'intento di individuare possibili linee di sviluppo dell'Istituzione Biblioteche di Roma, abbiamo intervistato il Direttore Alessandro Massimo Voglino, che ci ha prospettato alcune interessanti opportunità.


Quali caratteristiche deve avere la gestione di un sistema di biblioteche comunali, come l'Istituzione Biblioteche di Roma, per essere considerata efficace ed efficiente?
Anzitutto bisogna premettere che Roma è una delle città più grandi d'Europa e un caso unico a livello nazionale, in quanto in Italia non esiste nessuna area urbana ad essa assimilabile in termini di estensione territoriale e di popolazione. Stiamo parlando, infatti, di un sistema di pubblica lettura che deve servire quasi 3 milioni di persone. Si tratta quindi di una realtà particolare e complessa, cui nel tempo si è fatto fronte con la creazione di un sistema a suo volta unico, che conta oggi 37 sedi e 14 bibliopoint, ossia biblioteche scolastiche aperte al territorio circostante.
In tal modo l'Istituzione è presente in tutti i municipi di Roma, con una o più sedi, quindi agisce non solo nel centro storico, ma anche nelle zone più periferiche, assolvendo a variegate funzioni che vanno ben oltre il prestito. All'interno delle biblioteche vi sono, infatti, emeroteche per la consultazione dei giornali, sale multimediali, aree per ragazzi dove si organizzano incontri laboratoriali, spazi destinati ad attività culturali, ma anche a dibattiti su questioni di pubblica utilità, che sconfinano nel settore sociale favorendo l'aggregazione della comunità.
Da qui la necessità che le biblioteche dispongano di spazi adeguati, con una dimensione standard di circa 800-1000 mq, e di tecnologie all'avanguardia. A tal proposito negli ultimi sei mesi siamo entrati nel mondo del mobile, creando le applicazioni per smartphone e tablet, e abbiamo iniziato a prestare gli ebook. Ciò probabilmente cambierà molto i nostri servizi, senza però intaccare l'idea di biblioteca come presidio e dimostrazione di presenza del potere pubblico sul territorio.

Lei che è anche autore di libri per bambini e ragazzi, tra cui alcune rivisitazioni del ciclo della tavola rotonda, in quali modi ritiene che si possa fidelizzare un'utenza di giovani abituata a servirsi della biblioteca solo come luogo di studio e non come centro di cultura?
Non so se sia un fenomeno nazionale, ma in effetti tutte le nostre sedi sono prese d'assalto da un pubblico non interessato realmente alla biblioteca, considerata come un mero spazio dove potersi sedere per studiare sui propri libri e pc. Evidentemente, senza che questo fosse nelle nostre intenzioni, le biblioteche comunali suppliscono a una carenza del sistema bibliotecario universitario. In questo senso forse Roma Capitale dovrebbe farsi parte attiva nel presentare tale problema alla Conferenza dei Lettori, in quanto, pur riguardando un'utenza "perduta", si tratta comunque di un'esigenza del territorio alla quale non bisogna sottrarsi.
Diverso è, invece, l'aspetto della fidelizzazione dei bambini che stanno crescendo nelle nostre biblioteche frequentando laboratori come "Nati per Leggere", che sono certo resteranno utenti attivi anche da adolescenti e giovani adulti.

In generale, invece, in quali direzioni si potrebbe rivolgere l'implementazione di nuovi servizi che non determinino però un eccessivo aumento dei costi di gestione?
Sicuramente le nuove tecnologie aiutano a ridurre la grande voce di costo di qualsiasi servizio pubblico, ossia quella del personale, che ancora si aggira sugli 80mila euro per ogni stazione. A dimostrazione di ciò vi è il caso di una biblioteca del nord Italia che ha investito in servizi talmente avanzati dal punto di vista tecnologico da consentire a due sole persone di svolgere il lavoro di cinque.
Un altro esempio è rappresentato da una nostra biblioteca, in cui abbiamo creato le cosiddette stazioni di auto-prestito, che, mediante una tessera, un codice identificativo e un terminale, consentono agli utenti di prendere e restituire libri senza l'intermediazione di un front office. In prospettiva ciò potrebbe essere fatto su una scala molto più ampia mediante un investimento economico che nel tempo si ammortizzerebbe, consentendo di risparmiare sul fronte del personale per sviluppare aspetti innovativi.
In questo gli inglesi sono un modello cui guardare, dal momento che il sistema di biblioteche di Londra, mediante un iniziale investimento su un software, ha creato una delle più grandi reading communities del mondo, cioè un luogo virtuale destinato allo scambio di informazioni e alimentato al 90 % dagli utenti stessi.
Altrettanto valido nell'ottica di un abbattimento dei costi è il prestito degli ebook, avviato da poco anche da noi, che permette ai lettori di scaricare i libri direttamente da casa sul proprio tablet.

Nell'era del digitale e del reperimento delle informazioni su internet qual è quindi il ruolo che le biblioteche pubbliche devono ricoprire per avere una propria legittimazione e non mettere a rischio la loro sopravvivenza?
Io non credo che vi sia questo pericolo, perché esistono due tipologie di pubblico tra loro completamente diverse.
A mio avviso, anzi, il grande balzo nell'universo digitale porterà le biblioteche a interagire con un nuovo pubblico che non frequentava e non avrebbe mai frequentato la biblioteca. Si tratta quindi di un'utenza addizionale e diversa rispetto a quella tradizionale. Nei riguardi di quest'ultima, invece, permarrà immutato il ruolo della biblioteca come presidio fisico sul territorio che consente l'aggregazione sociale, offrendo spazi di interazione e attività comuni. Su questo fronte stiamo avviando un'operazione importante in collaborazione con la Fondazione Vodafone, per realizzare alcune iniziative di alfabetizzazione digitale rivolte agli anziani, che permettano loro di poter usufruire dei nuovi servizi.
In ultimo vorrei citare un caso proveniente dalla patria del digitale, cioè dagli Stati Uniti e precisamente dal Texas, dove di recente ha aperto una biblioteca pubblica interamente digitale che fin dal primo mese è stata frequentatissima.

Pensare a più estese e durature forme di coinvolgimento della cittadinanza, mediante radicate politiche di sussidiarietà, potrebbe rappresentare un modo per incrementare le offerte delle biblioteche?
Non sono sicuro di esprimere un parere condiviso dall'Associazione Italiana Biblioteche, ma la mia personale opinione è che bisognerebbe andare esattamente in questa direzione. Nei paesi anglosassoni, ad esempio, esistono biblioteche di pubblica lettura con orari di apertura molto più estesi dei nostri. In tal senso immaginare che, dopo un certo orario, l'apertura delle biblioteche possa essere affidata a cooperative di utenti o circoli di lettura, responsabilizzati e formati in modo adeguato, non solo non mi scandalizza ma credo sarebbe un'operazione interessante su cui riflettere.

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